Non si può insegnare ad essere creativi ma si possono creare le condizioni perchè la creatività possa avere uno spazio ed esprimersi…
La famiglia, come abbiamo visto, ha un ruolo primario nel motivare ed incoraggiare il bambino perchè esplori il mondo con fiducia riconoscendo le sue risorse uniche… d’altro canto la scuola è anch’essa un’agenzia educativa cruciale nel sostenere il percorso di crescita e lo sviluppo delle potenzialità nei bambini/ragazzi.
Partendo da questo presupposto e collegandoci a quello fino ad ora scritto riguardo l’importanza dell’esercizio creativo nei bambini, vorrei condividere alcune riflessioni a questo riguardo.
Mi piace citare Carl Rogers in questa sua famosa affermazione: “Io, quando mi rendo conto dell’incredibile potenzialità di ogni studente, cerco sempre di liberarla”
Oggi il richiamo alla creatività è molto forte. Con il momento storico complesso che stiamo vivendo si è capito quanto sia importante, fin dai primi anni di scuola, stimolare requisiti personali come la flessibilità, l’originalità e la ricerca di soluzioni nuove ai problemi. Lo sguardo sul mondo che un insegnante condivide con i propri allievi, sicuramente li orienterà nel proprio percorso di crescita. Potremmo dire in sintesi che un clima orientato verso l’apertura, la novità, l’autonomia, la fiducia farà emergere un atteggiamento creativo, quando invece saranno privilegiati atteggiamenti rigidi, conformisti e diffidenti verso ciò che è nuovo, la creatività farà fatica ad emergere.
Ma nel sistema scolastico di oggi è riconosciuta e premiata la creatività? E poi cosa si intende per creatività?
Comunemente si pensa che una persona creativa si esprima solo attraverso attività come il disegno, l’arte, la musica… grazie invece alle ricerche più recenti si è cominciato a pensarla come una risorsa che tutti possiedono e che permette di affrontare in maniera originale, personale, nuova, le numerose sfide che la vita ci offre. Si è scritto molto, negli ultimi cinquant’anni, circa il ruolo che occupa la creatività nel funzionamento mentale e si è visto che la creatività non è collegata per forza a stranezza e stramberia. Ci sono quindi innanzitutto dei luoghi comuni da sfatare e la scuola spesso ha contribuito ad “etichettare” studenti che si differenziavano dalla norma come “sfaticati” e “poco affidabili”. Chi è troppo creativo spesso non ha vita facile e non è inusuale che finisca fra coloro che vivono un certo tipo di disagio scolastico.
La creatività invece è un valore e come tale andrebbe trattata. La scuola dovrebbe avere il compito primario di “tirar fuori” il meglio da ogni studente, invece che cercare di uniformare tutti ad uno standard comune. In ambito educativo andrebbero maggiormente sostenuti e sollecitati valori come: la perseveranza, la risolutezza, il coraggio, la fermezza ed il rischio. Su quest’ultimo punto in particolare gli insegnanti dovrebbero lavorare con sé stessi in modo da non creare un clima in classe troppo giudicante e lasciar correre il rischio ai propri allievi di esprimere le proprie opinioni anche se non giudicate positivamente da tutti gli altri membri del gruppo.
La preoccupazione principale dei docenti nel nostro sistema scolastico è quella di “finire il programma” invece che lavorare su strategie adatte a suscitare curiosità verso le materie trattate durante l’anno scolastico. Guardando le linee guida dei Programmi Ministeriali è evidente che, maggiore è l’età degli studenti, minore spazio si dà all’approfondimento di questa competenza; l’attenzione allo sviluppo della creatività riguarda principalmente gli allievi dai 3 ai 10 anni, come se per i più grandi essa non fosse più una dimensione da coltivare. L’adolescenza, invece, è davvero il periodo d’elezione per le scoperte, il cambiamento , le novità, l’originalità, la gioia, la sofferenza e tutto ciò si sposa bene con la dimensione creativa.
Concludo indicando, per coloro che desiderano approfondire questo tema a mio avviso molto interessante ed attuale, il testo a cura di Alessandro Antonietti e Stefania Molteni “Educare al pensiero creativo” edito da Erickson nel 2014 ed in particolare le Conclusioni di Marina Giampiero a pag. 413.