Ancora sull’educazione emotiva

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Riprendiamo il discorso sull’alfabetizzazione emotiva, ovvero la capacità di dare un nome a ciò che sentiamo attraverso il nostro corpo. Oggi vogliamo rivolgerci agli adulti per dar loro delle indicazioni utili nel loro delicato compito educativo.

bimba viso

I bambini imparano per osmosi e per imitazione, ovvero guardando l’ambiente che li circonda. Il primo e migliore esempio viene ovviamente dalle figure genitoriali.

Ma il genitore perfetto non esiste. Pensiamo a quante volte ci siamo innervositi guidando e siamo esplosi inveendo verso uno sconosciuto di fronte ai nostri figli, per poi stupirci se anche loro non riescono a controllarsi in determinate situazioni. È importante in questi casi non cadere nel tranello di percepirsi come un “cattivo genitore”, con i conseguenti sensi di colpa, ma riflettere sull’accaduto.

Proviamo a porci piuttosto queste domande costruttive:

  • com’è accaduto l’episodio? Proviamo a ricostruire la storia di quanto è successo;
  • qual è stata l’emozione predominante? Rabbia, frustrazione, paura;
  • dove fisicamente l’ho avvertita?  Nella testa, nello stomaco, nel petto;
  • come si è manifestata? Con un cerchio alla fronte, con bruciori o crampi allo stomaco, con tachicardia o una fitta allo sterno;
  • come l’ho manifestata e agita? Ho urlato, mi sono trattenuto, ho insultato l’altro.

Ricostruire l’accaduto, dando un nome alle nostre emozioni è fondamentale non solo per i nostri piccoli (come accennato nel precedente articolo) ma anche per noi educatori.

Inoltre, se riteniamo di aver agito un comportamento sbagliato di fronte ai nostri figli, possiamo parlarne con loro e chiedere scusa. Anche noi genitori sbagliamo e possiamo chiedere scusa ai nostri figli spiegando loro quello che ci è accaduto. Questo racconto dato alle emozioni è già un pezzettino importante dell’educazione e dello sviluppo dell’intelligenza emotiva.

Sapersi sintonizzare con gli altri e, soprattutto con i bambini, non è qualcosa che si impara sui libri ma deriva dal tipo di educazione che noi stessi abbiamo ricevuto. Dobbiamo sforzarci di dare importanza a questo compito educativo benché non siamo stati a nostra volta sensibilizzati a farlo. Anche se oggi esistono molti strumenti un tempo impensabili come app appositamente studiate per facilitare qualsiasi tipo di apprendimento infantile, spesso l’educazione emotiva viene lasciata al caso.

A questo proposito vi invitiamo a leggere questo articolo apparso sul Corriere della Sera nel 2016 che fa il punto su una situazione che non a torto potremmo definire paradossale:

“L’educazione emotiva, connettersi con i figli”

Se è vero che non esistono ricette perfette per educare noi stessi e i nostri bambini alle emozioni, ci sono però dei piccoli accorgimenti che possiamo mettere in atto per diventare meno analfabeti rispetto ad esse. Come i muscoli vanno allenati, anche il cervello va allenato e anche la capacità di sentirci, di entrare in contatto e in sintonia con noi stessi prima (e con il bambino, poi). Ecco alcune tappe che completano le domande che vi abbiamo esposto sopra:

  • riconoscere l’evento che ha attivato l’emozione 
  • rappresentazione mentale della realtà (come  noi abbiamo vissuto e come ci rappresentiamo la realtà di ciò che è accaduto)
  • reazione emotiva a livello cognitivo e comportamentale (cosa ho pensato, come ho reagito all’evento e come ho agito l’emozione)

Nei prossimi post analizzeremo le singole emozioni, vedremo dove sono localizzate nel cervello, come ne modificano la sua stessa struttura e soprattutto come gestirle al meglio. Per noi, e per i bimbi che accompagniamo nel percorso della crescita.

Vi salutiamo con le parole di Gandhi, che ben rappresentano la sintonia con noi stessi che ogni giorno, passo dopo passo, possiamo prefiggerci di raggiungere:

“La felicità è quando ciò che pensi, ciò che dici e ciò che fai sono in completa armonia”.

 

 

 

 

 

 

 

 

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