Eccoci finalmente a voi con il primo articolo scritto a quattro mani.
Perchè abbiamo deciso di partire proprio dalle emozioni? Perché tutti le proviamo quotidianamente ma forse non tutti le conosciamo in modo adeguato e, soprattutto non siamo consapevoli di quale ruolo giochino durante il processo di sviluppo di ognuno di noi. Già in uno degli articoli precedenti di questo blog dal titolo: “Il benessere emotivo” veniva affrontato questo argomento che ora, però, abbiamo deciso di indagare più a fondo data la sua rilevanza.
Innanzi tutto le emozioni non sono tutte uguali, alcune hanno segno positivo, altre segno negativo. Alcune emozioni, definite primarie e innate, sono universali, ovvero comuni a tutte le persone del mondo; esse sono: felicità, tristezza, rabbia, paura, disgusto, sorpresa. Le emozioni consistono in una serie di modificazioni che avvengono nel nostro corpo a livello fisiologico, di pensieri e di reazioni comportamentali. Le emozioni secondarie invece sono una combinazione delle emozioni primarie e si sviluppano con la crescita e con l’interazione sociale. Esse sono, per esempio, la vergogna, l’orgoglio o l’empatia, per quali è necessaria l’autocoscienza. In un altro post approfondiremo anche la localizzazione cerebrale delle emozioni, dove è la loro sede nel cervello, e capiremo anche perché la matematica, ad alcuni, crea una vera e propria ansia!
Tutte le emozioni primarie, quindi, essendo innate, sono legittime e non vanno represse ma gestite. Se già per gli adulti questo può costituire un’ardua impresa, figuriamoci per i bambini. Ecco perchè uno dei compiti importantissimi per qualsiasi adulto di riferimento dovrebbe essere proprio quello di fornire gli strumenti per aiutare i più piccoli a gestire queste “tempeste” emotive. Credeteci che chiamarle così non è azzardato perchè la loro caratteristica principale è quella di manifestarsi nel corpo e, specialmente i bambini in tenera età, non sono pienamente coscienti di cosa stia loro accadendo.
Perchè? Perché non hanno ancora acquisito le parole per dare loro un nome. È come se fossero una sorta di “analfabeti emotivi”.
Cosa possiamo fare per aiutarli? La prima cosa è quella di sintonizzarci con il nostro bambino. Esistono proprio delle strategie a questo proposito che sono state ben descritte in un passaggio dell’utilissimo libro di Daniel J.Siegel e Tina Payne Bryson: “12 strategie rivoluzionarie per favorire lo sviluppo mentale del bambino” del quale vi indichiamo una bella recensione in italiano che potete visualizzare cliccando qui
Per semplicità enumeriamole brevemente:
- Contatto visivo: abbassandomi all’altezza del bambino o addirittura più in basso di lui e guardandolo negli occhi mentre gli parlo, lo faccio sentire al sicuro e gli comunico che non sono una presenza minacciosa.
- Espressioni facciali: ad esempio uso uno sguardo affettuoso, con un’espressione distesa del volto.
- Tono di voce: ad esempio dolce, consolatorio, calmo…
- Postura: ad esempio cerco di stare con le spalle rilassate, le mani aperte.
- Gestualità: ad esempio tocco il bambino con delicatezza, spalanco le braccia per stringerlo a me.
Qui è d’obbligo fare un inciso per spiegarvi quanto sia importante il gesto dell’abbraccio: già la poetessa Alda Merini, pur non conoscendo le recenti scoperte su una zona cerebrale chiamata insula, scriveva “Ci si abbraccia per ritrovarsi interi”. Ebbene, sapete cosa attiva l’insula, che ha proprio il ruolo di connettere il cervello emotivo (che prevale nel momento in cui l’emozione prende il sopravvento) e il cervello razionale? Un abbraccio. Questi nostri due cervelli tendono a funzionare in modo indipendente, per questo quando proviamo una emozione molto intensa ci riesce quasi impossibile controllarli. Nulla come genitori, ci disarma di più, fino a farci vergognare profondamente, di un bambino in preda ad un dirompente ingorgo emotivo, che trascina anche noi adulti negli angoli più bui e irrisolti di noi stessi. Per aiutare un bambino a calmarsi di fronte a una emozione molto intensa il cervello emotivo, che in quel momento ha il comando, non chiede una spiegazione logica, poiché il linguaggio logico-razionale non gli appartiene. C’è bisogno di qualcosa che attivi l’insula connettendo entrambi i cervelli: questa cosa è l’empatia. La miglior strategia è l’abbraccio. La possibilità di accogliere, condividere e esprimere l’emozione, trasformandola, creando un apprendimento nuovo mediato dal genitore. Una più ricca traccia mnestica, fatta di carezze e comprensione, che possa passare prima attraverso il corpo, che è il luogo in cui l’emozione si esprime.
L’ultima strategia riguarda invece le caratteristiche della nostra risposta verbale:
- Sincronizzazione della risposta: ad esempio lasciar finire il bambino prima di iniziare a parlare; porre domande invece di darsi già la risposta o cercare di negare l’emozione: “Sei forse triste? Per questo piangi?” invece di “Non devi essere triste!”.
- Intensità della risposta: mantenere la calma anche se il bambino urla e si dimena, cercare di essere pazienti e lasciare al bambino il tempo per esprimersi.
Come potete constatare, già la sintonizzazione con il bambino non è poi così scontata.
Nel nostro prossimo articolo approfondiremo ancor più il tema dell’educazione emotiva, lungi dall’essere esaurito.
Come sempre non esitate a contattarci per qualsiasi domanda/suggerimento in merito utilizzando il nostro nuovo indirizzo mail: flowneibambini@gmail.com