Chi di voi preferisce il caffè zuccherato, o il the all’inglese con l’aggiunta di latte, capirà al volo ciò che intendiamo dire con la metafora del cucchiaino, da noi definita anche del terzo (in)comodo.
Rispetto ai numeri e agli apprendimenti, quale ruolo per i genitori in questo processo? Una recente meta -analisi su 35.000 bambini in età prescolare attraverso gli Stati Uniti, il Canada e l’Inghilterra ha scoperto che lo sviluppo di competenze matematiche e numeriche precoci è un ottimo indice predittivo dello sviluppo ottimale anche di altre competenze, come quelle della lettura, per esempio. Come spiega perfettamente la Dott.ssa Lucangeli con la metafora del terzo incluso il genitore, come l’educatore, è un facilitatore e un trasformatore della maturazione delle funzioni cognitive del bambino. Come il cucchiaino, o il latte nel the inglese, mescolando zucchero e caffè, facilita e velocizza il processo di trasformazione consentendoci di bere, rapidamente, una bevanda diversa da quella che avevamo prima, così il gioco catalizza le funzioni cognitive ed emotive nell’apprendimento. Genitori ed educatori hanno la medesima funzione: facilitano e velocizzano i processi di maturazione e di ottimizzazione dell’apprendimento. I genitori sono il cucchiaino che mescola caffè e zucchero, latte e the. Quindi, i giochi che noi proponiamo, come potete leggere nei passati articoli, così come le app, non sono pensati per essere giocati dal bambino da solo, ma insieme a noi. Noi adulti che abbiamo la funzione di relazione e trasformazione degli eventi che accadono. Un bambino non diventa più matematicamente intelligente o competente lasciato solo davanti allo schermo di un tablet, ma sviluppa le sue competenze con dei mezzi, tecnologici o no che siano, soprattutto attraverso e insieme a noi, mediatori, traghettatori e facilitatori degli apprendimenti. Il ministro dell’educazione nazionale francese, Jean-Michel Blanquer, ha recentemente annunciato la creazione di un comitato scientifico incaricato di sviluppare programmi educativi focalizzati su come i bambini imparano. Il capo fila del progetto, il neuroscienziato francese Stanislas Dehaene, ha ricordato quindi che insegnare è una scienza, e che un insegnante deve avere un buon modello mentale del bambino per potenziare al massimo i suoi apprendimenti “Je pense qu’un bon enseignant est un enseignant qui a un bon modèle mental du cerveau des enfants. Nous devons essayer de réfléchir ensemble aux connaissances qui sont indispensables pour qu’un enseignant puisse concevoir le programme éducatif dans un contexte qui va maximiser les modifications mentales, cérébrales, et maximiser la vitesse aussi, la quantité d’apprentissage qu’un enfant peut avoir.”
Il cervello risponde in base agli stimoli che gli vengono dati: è dunque fondamentale essere consapevoli della centralità del proprio intervento ed esercitarlo nel migliore modo possibile. Parola d’ordine: essere il terzo (in)comodo tra il bambino e il mondo.