Provare un’emozione positiva

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Dopo il nostro interessante excursus sull’emozione della paura e, in particolare, su quella dei numeri e della matematica, riprendiamo il discorso sulle emozioni introducendone una positiva e innata: la gioia.

Si può essere portati a credere semplicisticamente che sia importante provare questo stato d’animo positivo poiché questa emozione ci fa sentire bene… questo è senza dubbio innegabile, ma le emozioni positive come questa sono fondamentali perchè, non solo danno un senso di benessere immediato, ma fanno un gran bene alla salute a lungo termine e, inoltre, se provate spesso da bambini modificano il nostro modo di pensare e, addirittura, il nostro cervello!

Per comprendere appieno questa affermazione un po’ forte, però, é necessario spiegare quanta importanza esse hanno avuto nel corso dei secoli per l’uomo e cosa esse causano a livello cerebrale.

Senza annoiarvi con dati  scientifici è importante che comprendiate che le emozioni sono state indagate da moltissimi studiosi e, benché non tutti la pensino allo stesso modo circa la genesi e le strutture implicate negli stati emotivi,  tutti sono concordi nel ritenerle universali e importantissime per l’evoluzione del genere umano. Pensate per esempio cosa sarebbe successo se, migliaia di anni fa, gli uomini primitivi non avessero provato la paura: semplicemente non sarebbero fuggiti in presenza dei pericoli e si sarebbero estinti!  Le emozioni sono peculiari perché, come abbiamo già accennato, si “sentono” anche nel corpo e ci inducono ad agire subito, spesso senza riflettere.

Ma allora cosa accade quando proviamo un’emozione positiva?

Ci colleghiamo ai risultati degli studi di una famosa pediatra francese Catherine Gueguen, recente autrice del libro “Heureux d’apprender à l’école”. Per una sintesi delle sue scoperte leggete questo contributo in francese, cliccando su questo articolo:

 articolo della dottoressa Gueguen :”Smettiamo di dire ai bambini che non sono gentili”.

In breve le ultime scoperte ci dicono che la particolarità del cervello dei più piccoli (specialmente fino ai 6 anni di età) è quella di essere fragile, malleabile e molto sensibile agli stimoli esterni. Questo significa che, se il bambino verrà spesso sottoposto a qualsiasi tipo di maltrattamento (non solo fisico ma anche verbale), il suo cervello subirà dei danni strutturali profondi e non si svilupperà al massimo delle sue potenzialità. In particolare la dottoressa Gueguen ci indica quanto siano  dannose le umiliazioni e il mancato sostegno per degli organismi ancora molto fragili e facili da ferire.

Al contrario, se il piccolo verrà trattato con dolcezza, benevolenza ed empatia la sua struttura cerebrale si svilupperà al meglio, con maggiori connessioni importanti sia per raggiungere un  buon livello cognitivo, sia un’adeguata capacità di apprendimento, ma anche  migliori capacità di gestione delle emozioni. Sì, il cervello cambia grazie al tipo di relazioni che intratteniamo!

Come é possibile?

Anzi tutto esiste oggi una potente validazione scientifica della teoria del cervello trino di Paul MacLean. Secondo questo studioso il cervello umano è il risultato della organizzazione gerarchica di tre strutture differenti, ognuna formatasi in diverse epoche dell’evoluzione.

  1. La prima (il cervello rettiliano), corrispondente alle strutture situate alla base del cervello, controlla il comportamento automatico ed istintivo.
  2. La seconda (il cervello paleomammifero), corrispondente alle strutture identificate come sistema limbico, controlla l’espressione delle emozioni, l’aggressività e il comportamento sessuale.
  3. La terza e più evoluta (il cervello neomammifero), corrispondente alla neocorteccia, presiede al pensiero propriamente razionale e alla capacità di risoluzione dei problemi.

Implicita nel modello è l’idea che, date le profonde differenze di anatomia e funzionamento (anatomofunzionale), i tre cervelli non possano comunicare tra di loro in modo efficace. Di conseguenza agli uomini accade di vivere in un costante conflitto interiore, lacerati fra le differenti esigenze dei tre livelli evolutivi. L’umanità sarebbe afflitta da una innata frattura neuropsicologica tra razionalità e irrazionalità. Secondo l’elegante sistematizzazione di MacLean, il sistema emozionale sarebbe quindi un residuo ancestrale che deve essere tenuto sotto controllo dalla parte più evoluta, cognitiva, del sistema nervoso.

Ebbene, la dottoressa Gueguen asserisce che, instaurando  buone relazioni con i nostri piccoli, ovvero usando comprensione, empatia e gentilezza (il cosiddetto maternage) causiamo la secrezione di un ormone,  l’ossitocina, da parte dell’ipotalamo e questo promuove il legame di attaccamento madre-bambino. Non a caso l’ossitocina è implicata nella fisiologia dell’accoppiamento, del parto e dell’allattamento. In poche parole si instaurerebbe un circolo virtuoso fra il bambino e chi se ne prende cura che farebbe bene a entrambi i soggetti della relazione. In tal modo le connessioni della neocorteccia si svilupperebbero notevolmente.

Al contrario i maltrattamenti emotivi come scarsa empatia, umiliazioni e stress ripetuto agirebbero sulla corteccia orbito-frontale danneggiandola e diminuendone il volume. Addirittura oggi si è ipotizzato che alcune malattie psichiatriche dipendano dall’educazione dannosa ricevuta…

Concludiamo affermando che dovremmo pensare bene e contare almeno fino a dieci (anche se siamo esausti) prima di urlare dietro ai nostri bambini o dir loro frasi di disprezzo… Almeno proviamoci sapendo quanto il nostro comportamento possa essere dannoso per lo sviluppo cerebrale dei nostri piccoli!

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