Chiediamoci se i bambini si accorgono di essere stati bene svolgendo un’attività piacevole…
Partiamo dal presupposto che il gioco è quasi universalmente riconosciuto come un diritto irrinunciabile per la crescita armonica dei bambini (art. 31, Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia, 1989).
Ma, anche nei contesti occidentali più evoluti, esso non risulta adeguatamente valorizzato a causa di vari fattori, come affermano nel loro interessante lavoro dal titolo “Gioco e potenziamento cognitivo nell’infanzia” C. Coggi e P. Ricchiardi, docenti in pedagogia all’Università di Torino, del quale potete leggere i primi capitoli cliccando sul link.
Le autrici ci fanno comprendere che l’urbanizzazione, ad esempio, ha ridotto in modo significativo i giochi all’aperto e tradizionali per incrementare quelli sedentari e strutturati. Le preoccupazioni per la sicurezza infantile hanno ulteriormente costretto il gioco in spazi protetti, spesso assai poco sfidanti. Le famiglie di oggi hanno pochi componenti e quindi c’è minore possibilità di trasmettere fra pari la cultura ludica. I tempi per giocare liberamente sono stati inoltre notevolmente ridotti a causa di una pressione sempre crescente alla competitività, già in tenera età, che spingono noi adulti a preoccuparci principalmente del livello di riuscita scolastica… Concludendo: all’adulto è attribuita la responsabilità di lasciare al bambino spazi e tempi adatti al gioco.
Ritornando al nostro discorso sul Flow, provate a pensare a dei bimbi che giocano: i loro volti saranno assorti, interessati, eccitati… insomma, esprimeranno sentimenti positivi e noi che li guardiamo possiamo star certi che, se tutto filerà liscio, proveranno una sensazione di appagamento e benessere. Sicuramente sperimenteranno quello stato peculiare della coscienza (Flow), qualora l’attività piaccia loro davvero e ne siano totalmente assorbiti.
Ma dopo, una volta riemersi da ciò che catturava completamente la loro attenzione, come si sentiranno? Saranno in grado di guardarsi dentro e dire a se stessi: “Beh, mi sono proprio divertito nell’ultima mezz’ora!”.
Ovviamente la risposta è no. Quindi spetterà a noi adulti aiutarli a prenderne consapevolezza. E poi perchè è necessaria questa capacità meta cognitiva a posteriori?
Cercherò di spiegarvelo con l’aiuto del lavoro svolto dal professor Giuseppe Riva, che ha stilato vari consigli utili per i genitori, riguardanti i modi migliori per insegnare ai bambini a riconoscere l’esperienza di Flow.
- SPIEGARE AL BAMBINO CHE L’ATTENZIONE È LIMITATA nel senso che si deve scegliere a cosa dedicarsi, poiché non si può fare tutto allo stesso tempo. Inoltre non tutte le attività hanno lo stesso potenziale nel generare Flow: il bambino deve capire che scegliendo di guardare ad esempio la televisione, non potrà dedicarsi a qualche attività, magari più stimolante;
- AIUTARE IL BAMBINO A CONCENTRARSI in quanto uno dei problemi che caratterizzano i piccoli è proprio la tendenza a disperdersi;
- DARE FEEDBACK IMMEDIATI e chiaramente decifrabili. In altre parole al termine dell’attività bisognerebbe lodare il bambino in modo da restituirgli la percezione del proprio sforzo e del proprio coinvolgimento. Ad esempio possiamo dire: “Sai, amore, ti ho visto proprio coinvolto mentre giocavi con le costruzioni… quando si prova questo assorbimento in un gioco è difficile poi tornare a fare le cose di tutti i giorni”.
Mi piacerebbe che qualcuno di voi provasse e poi mi raccontasse quello che è successo. Se volete contattarmi basta che mi scriviate all’indirizzo mail che ho pubblicato nella scheda esplicativa di questo blog, cliccando su “Di cosa stiamo parlando”.
Attendo fiduciosa!